giovedì 21 febbraio 2013

11 febbraio - frane e zip line


Il programma per il secondo giorno dice: trasporto fino a Santa Teresa - un'ora di viaggio - dove incontreremo la nostra nuova guida (tale Jimmy), zip line di mattina, pranzo, relax e poi due ore di cammino facile e piano fino a raggiungere Aqua Caliente, città ai piedi del Machu Picchu.

Partiamo col bus per una strada stretta, a rischio frane, che da un lato ha la montagna e dall'altra un parapetto di centinaia di metri. Ashley e Elle fanno praticamente tutto il tragitto con gli occhi chiusi e - attraversando un ponte di legno semi-inondato sospeso a decine di metri su un fiume in piena, li chiudo anche io. Scopriamo poi che questa strada è statisticamente più pericolosa della death road boliviana, solamente meno famosa.
Quando siamo a cinque minuti (peruviani) di macchina da Santa Teresa, vediamo di fronte a noi una frana che ha colpito un camion carico di merci. Il camion è in bilico tra la strada e il precipizio, frenato - per sua fortuna - da alcune piante e alcune rocce messe a protezione a bordo strada.
Il nostro autista ci dice allora di proseguire a piedi - ovviamente soli - e di fare attenzione, "in venti minuti sarete a Santa Teresa". Zaino in spalla e camminiamo, con una vista oggettivamente straordinaria a fondo valle di un fiume in piena, rabbioso e feroce; mentre passeggiamo chiacchierando per Santa Teresa scopriamo presto che le frane non vengono mai da sole. Attraversiamo una quantità infinita di frane che, in molti posti, ci fanno camminare nel fango fin sopra il ginocchio e decidiamo di farlo uno per volta, in modo da permettere agli altri di stare indietro e urlare se ci sono sassi che cadono (cosa che accade molto più di quanto avremmo voluto). A un certo punto arriviamo in una zona vicina a una cascata e qui la frana è enorme e ancora attiva, rocce grandi e piccole cadono in continuazione, ma decidiamo di provare a passare mentre - nel frattempo - dall'altro lato è arrivata una grossa draga che sta ripulendo la strada. Passiamo con cautela la zona, riuscendo a evitare i sassi cadenti, ma arrivati quasi alla fine, l'autista della draga e uno dei suoi colleghi ci dicono di tornare indietro e aspettare, che è troppo pericoloso. 
Obbediamo e attendiamo per oltre un'ora e mezza che la strada venga ripulita. 
Dopo l'attesa, convinti che dall'altra parte non ci sia più nessuno ad aspettarci e iniziando a pensare a un modo per raggiungere Aqua Caliente per i fatti nostri, attraversiamo e un peruviano con un sorriso enorme ci chiede se siamo i ragazzi che erano con papà Ricky, che il suo nome è Jimmy e che non abbiamo idea di quanto sia felice di vederci vivi.

La gioia è decisamente ricambiata, Jimmy ci ha aspettati dalla mattina presto e ci da un'altra ottima notizia, siamo ancora in tempo per lo zip line. Lo zip line che stiamo per affrontare è uno dei più alti del Sud America, faremo sei linee, la più lunga di circa 500 metri, la più alta a 200 metri dal suolo, con una velocità massima di circa 40 Km/h. Saliamo a piedi per un piccolo e impervio sentiero fino a raggiungere la prima postazione dove mi sto già cacando sotto (per chi non lo sapesse, soffro di vertigini). Buona notizia, sono in compagnia, anche Elle si caca sotto.
Affronto la prima discesa con una delle guide - che se moriamo almeno siamo in due e si sa, mal comune...
Dopo la prima discesa mi lascio andare e faccio la seconda solo, mentre nella terza, la più alta, veloce e lunga, faccio superman: mi viene cambiata l'imbragatura e vengo lanciato con  una guida che mi regge le gambe (come da video).
Dopo aver scalato un pezzo di montagna a strapiombo (messi in sicurezza con l'imbragatura) partiamo per la quarta linea, dove ormai mi sento sicuro, lascio andare le mani dalla presa in sicurezza, mi giro, faccio lo scemo e non mi accorgo che sono troppo vicino alla fine; cerco allora di tornare in posizione in fretta e sfrego per bene un braccio nudo sul filo metallico. Dopo le altre due linee torniamo alla base, pranziamo e raggiungiamo la fine della strada, dove proseguiamo a piedi per circa due ore e mezzo, sui binari del treno, fino a raggiungere in serata Aqua Caliente.

Dopo un massaggio "Inca", che significa "ti massaggio come cacchio voglio" andiamo a dormire presto e ci prepariamo per la sveglia alle 4.00 e gli scalini di una delle meraviglie del mondo.

10 febbraio - downhill? No uphill


Il primo giorno del programma dice: trasporto in bus fino a 4400 metri, downhill per alcune ore in mountain bike, arrivo e pranzo a Santa Margherita, trasferimento in bus a Santa Teresa, notte a Santa Teresa.

Essendo la stagione delle piogge, ci avevano avvisato sulla possibilità (remota) di frane; la notte precedente, però, le piogge sono state molto intense e - mentre saliamo in bus - ci dicono che devono controllare un paio di ponti per vedere se sono resistenti abbastanza. Mentre ci spiegano questo "problemino", foriamo e ci fermiamo a cambiare una gomma.
Il paesaggio mentre cambiamo la gomma è tra lo splendore delle montagne e l'odio di peruviani che maltrattano gli asini sovraccarichi di patate.
Mentre saliamo vediamo una preoccupante colonna di auto ferme, la sorpassiamo e ci troviamo di fronte a una grossa frana che blocca la strada.
A questo punto vinco il premio per l'idea più stupida dell'anno e dico "beh, ma perchè non arriviamo fino in cima in bici?"; la guida non vorrebbe ci dice che sarà dura e che ci vorranno almeno due ore per arrivare fino in cima e che - se anche solo uno si sente male o non se la sente - si torna tutti indietro. Ok. Scaliamo una piccola montagna per sorpassare la frana e, con la gente del luogo che ci dice che siamo completamente pazzi, partiamo.
Da subito è chiaro che alcuni non ce la faranno mai e che - con mio immenso stupore - sono uno dei più in forma della comitiva. Elle e un'altra ragazza vengono presto caricate da un pick-up e portate in cima ad aspettarci. La strada è un tormento, l'altitudine - oltre 4000 metri - ti spacca i polmoni, la strada ti spacca le gambe; inizialmente il gruppo è compatto e ci si aspetta, ma poi la guida - papà Ricky - ci dice che se ce la sentiamo possiamo andare da soli.
Dopo 3 ore infinite sono il primo ad arrivare in cima, nel mezzo del nulla, dove c'è una temperatura di pochi gradi e Elle e l'altra ragazza sono chiuse in una chiesa a cercare di scaldarsi con le candele. Circa mezzora dopo me arriva Ashley e - dopo di lei - nessuno. 
Ormai è troppo tardi per fare downhill e la guida riesce a trovarci un passaggio fino a Santa Margherita. Arriviamo a Santa Margherita e iniziamo a mangiare "pranzo" che sono le 18.30, degli altri nessuna traccia.
Dopo un sacco di tempo arrivano gli altri, stremati, fradici e infreddoliti; scopriamo così che il nostro bus aveva deciso di abbandonarci e tornare a Cusco e che nessuno è riuscito ad arrivare sulla cima. Fortunatamente la guida è riuscita a pagare un pick-up della polizia che ha caricato tutti nel retro passando dai pochi gradi della cima alla pioggia torrenziale più in basso. 
Essendo troppo tardi, buio e pieno di frane, ci fermeremo a Santa Margherita per la notte e partiremo la mattina presto per Santa Teresa.
Serata giocando a monopoli in versione semi-alcolica, ridendo come non mai e guardando un video girato da Joshua, Aldo e Dean, dove - un po' scherzando e un po' seriamente - salutavano la famiglia e gli amici, convinti di morire di freddo e fame sulla montagna.

9 febbraio - Rafting


Sveglia presto e partiamo tutti tranne Elle (che deve andare in aeroporto a prendere un suo amico che sta arrivando) a fare Rafting. 
Acqua gelata, livello delle rapide: tra il 3,5 e il 4+, livello del paesaggio e della compagnia: indescrivibili.

Joshua in Bolivia ha comprato una maschera colorata che abbiamo simpaticamente ribattezzato "maschera per lo stupro", per stuprare con colori e sorrisi. In vista del machu picchu decidiamo allora di comprarne una a testa, compreso Aldo, l'amico di Elle appena arrivato. In serata decidiamo di fare l'Inca jungle trek per arrivare, dopo tre giorni, al grande machu.

8 febbraio - giro per Cusco


Dopo una notte in bus arriviamo a Cusco avendo dormito pochissimo. Prendiamo possesso di una camera di ostello, ci riposiamo e poi giriamo per la antica capitale Inca. Cusco è una città bellissima dove gli spagnoli hanno costruito chiese e case sfruttando le fondamenta Inca. 
Giriamo senza meta, perdendoci per gli infiniti (e sfinenti) saliscendi e festeggiamo la serata nel nostro ostello, Loki, famoso per le sue feste e - riguardo al quale - la lonely planet dice "se non ne avete sentito parlare e non sapete a cosa andate incontro, non andateci".

7 febbraio - viaggio in Perù


Che le persone facciano la differenza in ogni situazione è una credenza profondamente radicata in me, per questo il giorno sette febbraio è stato uno dei più divertenti della mia vita, nonostante sia stato passato principalmente su un bus. 
Viaggiamo per il Perù, io e i quattro australiani, non smettendo mai e poi mai di ridere.

6 febbraio - La Paz e cocaina

Dopo un giorno di relax facciamo una serata di gran festa con Dean, Ashley, Joshua, Elle e alcuni altri ragazzi dell'ostello. La sera, dopo una discoteca in cui si balla la samba, siamo andati in un bar illegale chiamato Route 36.
Appena si entra, il buttafuori richiude la serranda alle tue spalle e il locale torna ad essere un non-luogo. 

Route 36 è un coca-bar. La cocaina qui è venduta talmente apertamente che è quasi sul menù. Dopo una serata dove sono rimasto stupito dal consumo di cocaina della gente nel bar, facciamo per uscire che sono circa le 6.00, ma il padrone del locale ci blocca e ci dice che "c'è un problema alla porta e non possiamo uscire". Alcuni turisti nel bar iniziano ad essere in panico, pensando che stiano per arrivare alcuni complici a derubarci, allora inizio a parlare al padrone, che mi dice che non sa cosa ci sia, ma ci sono dei problemi. Dopo una buona mezzora lo convinco che - essendo il posto suo - dovrebbe sapere cosa succede nel suo palazzo e allora lui apre la porta, parla a segni con un ragazzo al primo piano che parla a segni a sua volta con qualcuno che non riesco a vedere (probabilmente il buttafuori) e dopo altri cinque o dieci minuti ci fanno uscire.

5 febbraio - the dead road, downhill


The dead road, la strada più periocolosa del mondo. Ecco un paio di video per farvi meglio conoscere di cosa si tratta. 

Top Gear Bolivia - Youtube

Bus in the dead road


Questa strada - prima della costruzione di un'altra che ha deviato la maggior parte del traffico, segnava 350 morti all'anno.

Saliamo a "la cumbre", 4700 metri, con la nostra guida che fa raccontare a tutti una delle storie più imbarazzanti della propria vita. La sua non è male: come "battesimo", dopo la prima discesa come guida, devono risalire bevendo una bottiglia da un litro e mezzo di rum e coca. Arrivato a La Paz, Markus - questo il nome delle guida - stava tornando a casa quando si è messo a vomitare appoggiato a una delle auto in sosta, senza rendersi conto che sull'auto c'erano delle persone. Il guidatore a un certo punto ha pensato bene di suonare il clacson e Markus si è letteralmente cagato addosso. 
Ma torniamo a noi. Saliamo a la cumbre, 4700 metri, una temperatura approssimativa di meno qualche grado, la neve intorno a noi. Prendiamo possesso delle nostre biciclette, che sono una chicca tecnologica, sospensioni degne di un camion, leggere come piume, fantastiche. Io sono l'unico del mio gruppo che vorrebbe fare anche la parte in salita, allora Markus mi dice "in quella direzione, dopo le nuvole, c'è una piccola collina. Arriva in cima e so che puoi fare la parte in salita"; parto e in pochi minuti sono in cima, senza ossigeno, senza allenamento e senza scaldarmi, sono praticamente già morto.
La prima parte di downhill è su una strada asfaltata abbastanza sicura, dalla quale si possono però vedere alcune vetture che sono uscite di strada e hanno fatto un salto nella scarpata di circa cinquecento metri. La vista è semplicemente mozzafiato, i verdi e le cascate si susseguono. Arriviamo al termine della discesa della strada asfaltata e - dato che nessuno vuole fare la salita - riprendiamo il bus fino ad arrivare all'inizio della dead road, the world's most dangerous road. 

Seguiamo Markus e scendiamo per questa strada incredibile, dove godersi la vista è praticamente impossibile, dato che bisogna tenere gli occhi ben fissi sulla strada. La strada sterrata e costeggiata per tutto il percorso da un salto nel nulla di centinaia di metri. Io sono solitamente in terza posizione, dietro a Markus e un matto australiano. Seguo Luke - il ragazzo australiano - che prende ogni sasso, ogni occasione per fare alcuni salti e io mi accodo.
I punti in cui si rischia di cadere sono moltissimi, ma la bicicletta riesce a passare sopra qualsiasi cosa. Durante la discesa si attraversa un po' di tutto, tra cui anche alcune rinfrescanti cascate. Ci fermiamo spesso nella nostra discesa per riprendere fiato e ammirare il paesaggio, costeggiato da croci che mettono i brividi.

Dopo alcune ore arriviamo a Yolosa, 1200 metri, dopo 65 Km di strada e 3500 metri di dislivello. Dopo una birra, cibo, doccia e relax torniamo a La Paz col bus sulla dead road. La strada in salita col bus è molto più impressionante e pericolosa che la discesa in bicicletta; salendo si vede cosa abbiamo appena fatto, vedere quanto stretta, insicura e pericolosa la strada. Inoltre Markus, mentre saliamo, ci racconta quante persone sono cadute e morte nelle varie zone della strada.
Seguiranno alcuni video e foto della nostra avventura. 

venerdì 15 febbraio 2013

4 febbraio - ancora alla pace


Giro con Elle per La Paz, visitiamo altri mercati dove vendono merce stranissima, tra cui feti di lama come doni per la madre terra, saliamo fino a un meraviglioso punto panoramico che sovrasta la città e finiamo visitando il museo della coca, dove viene spiegata la storia di questa affascinante pianta e dei suoi derivati, dalla cocaina alla cocacola. 

3 febbraio - La Paz


Dopo una notte in bus arriviamo a La Paz, città dove i sali e scendi di spaccano ti lasciano senza fiato e dove giriamo senza meta per la città, tra mercati coloratissimi, vecchie chiese, e strade più pulite di quanto mi aspettassi.
La sera, in ostello, mi incontro nuovamente con il gruppo di fantastici australiani conosciuti in Cile: Dean, Joshua e Ashley. 
Serata all'hardrock cafè di La Paz.

2 febbraio - tutti in miniera! Ma prima compriamo della dinamite.


Partiamo al mattino presto per andare in miniera. Dopo aver firmato varie carte dove diciamo che se moriamo sono fatti nostri visitiamo prima uno stabilimento dove vengono estratti i minerali usando composti chimici che poi vengono scaricati nel fiume senza alcun processo di pulizia e che rendono il fiume uno dei più inquinati del mondo. Proseguiamo poi per il mercato dei minatori, dove si possono comprare le cose indispensabili per i minatori: bevande, foglie di coca e dinamite.
Inizio a masticare le foglie di coca al mattino, per cercare di prevenire stanchezza e altitudine e proseguo nel bus mentre saliamo a 4300 metri, all'ingresso della miniera.
Entriamo tra cunicoli piccolissimi dove dopo pochi minuti l'ossigeno già raro scompare ancora di più, dove il collo inizia a farmi male e dove alcune persone decidono di tornare indietro e non affrontare l'avventura. Proseguiamo divisi in piccoli gruppi mentre la nostra guida ci spiega la vita dei minatori e i minerali. Mentre siamo ancora al primo livello sentiamo un'esplosione che mette in chiara agitazione la nostra guida (scopriremo più tardi che l'esplosione è stata fatta "per gioco" da un altro dei nostri gruppi), ma proseguiamo. Scendiamo tra piccoli cunicoli dove si deve quasi strisciare fino al secondo livello, dove siamo affiancati da un enorme buco che ci permette di vedere il terzo e ultimo livello e dove un turista giapponese è caduto e morto pochi giorni prima. Proseguiamo tra scale traballanti e cunicoli in cui dobbiamo strisciare e arriviamo al terzo e ultimo livello; siamo 65 metri sotto terra (quindi siamo a un'altitudine di circa 4200 metri), ci sono 35°C, non c'è ossigeno e i cunicoli sono sempre più piccoli. Sudati e senza riuscire a respirare torniamo in superficie.
Torniamo in ostello, una doccia e poi saluto con grande tristezza il meraviglioso gruppo che ci ha accompagnato fino qui e parto per La Paz. Convinto di fare il viaggio da solo, scopro invece che Elle sta per prendere lo stesso bus.

1 febbraio - Potosi


Partiamo per Potosi, la città più alta del mondo, e giriamo visitando questa città che vive e muore con le sue miniere, con il suo argento e i suoi minerali. Centinaia di anni aveva le stesse dimensioni delle Parigi e New York di allora e, tra qualche decina d'anni, potrebbe scomparire. Passeggiamo tra le chiese e i vecchi palazzi con un cane che ci segue per tutto il giorno e attacca tutti i boliviani che vede, mentre i bambini si lanciano palloncini d'acqua per celebrare l'arrivo del carnevale.
Il gruppo è di undici persone, Lennart, Catalin, Stefan, Fin, Fred, Rosa, Annemarie e un'altra ragazza olandese di cui non ricordo il nome, la tedesca Doreen e l'australiana Elle.

31 gennaio - salar de Uyuni


Pronti a partire per il salar de Uyuni (attrazione principale del viaggio) alle 10.00 del mattino, ma l'autista non si vede... aspettiamo e aspettiamo e con oltre un'ora di ritardo siamo finalmente pronti a partire. Prima del salar visitiamo velocemente un cimitero dei treni dove decine di vagoni e locomotive sono abbandonate da anni.
Arrabbiati per il ritardo, ma eccitati, arriviamo al salar. Il salar, un deserto infinito di sale, in questo periodo dell'anno è irregolarmente inondato da acqua che va dai pochi ai venti centimetri. Saliamo sul tetto della macchina e guidiamo per il salar fino a raggiungere una zona con poca acqua dove si possa scendere e giocare con la prospettiva per fare delle foto interessanti. L'acqua che inonda il salar riflette il cielo azzurro e bianco e da l'impressione che il mondo non abbia orizzonte; non si riesce a capire dove finisca il mondo e inizi il cielo, ci guardiamo attorno esterrefatti, a bocca aperta, in uno spettacolo di blu, azzurri e bianchi, con le altre jeep che sembrano microscopici insetti lontani, con un uomo che scava per prendere il sale, con alcune montagne poco visibili in lontananza. Passiamo ore a fare foto stupide, saltando camion che sembrano minuscoli, abbracciando piccole cianfrusaglie che sembrano enormi, giocando a freesbee e godendo di uno dei paesaggi più affascinanti e meravigliosi del mondo.
La compagnia è talmente perfetta che decido di cambiare programma e proseguire per Potosi invece di andare direttamente a La Paz.
Serata in un pub chiamato extreme fun pub con Annemarie e le sue compagne di tour che ci seguiranno a Potosi, mentre Emily andrà a Santa Cruz.

30 gennaio - dalla laguna colorata a Uyuni

Ripartiamo il mattino presto (svegliandoci un'ora prima del previsto dato che non sapevo del cambio di fuso tra Chile e Perù) e dopo qualche ora di viaggio visitiamo l'albores de piedra, una pietra che - consumata dal vento - ha preso la forma di un albero, circondata da altre formazioni rocciose strane e interessanti. Qui rincontriamo Annemarie, che sta facendo il tour con un gruppo di altre quattro ragazze e ci diamo appuntamento per la sera successiva a Uyuni. Guidiamo sulle dune attraversando la laguna honda e raggiungiamo la laguna hedionda; qui, mentre scattiamo alcune fotografie, inizia a nevicare e quando stiamo per ripartire la macchina non da segni di vita. Spingiamo tutti insieme e ripartiamo fino ad arrivare a un villaggio meravigliosamente sperduto nel nulla dove pranziamo. Dopo pranzo l'autista si mette a trainare la macchina in panne di un suo amico; siamo tutti convinti che il trainare sia per pochi minuti, ma poi vediamo la macchina lasciare il villaggio e dirigersi verso Uyuni, a 3 ore di distanza. Dopo circa un'ora di traino diciamo all'autista che non abbiamo esattamente pagato per trainare un'altra macchina e - finalmente - l'altra macchina viene lasciata in un villaggio chiamato San Cristobal e noi ripartiamo.
La strada che ormai mi sembra normale è assurda. Si susseguono i segnali di pericolo per attraversamento lama, struzzi e altri animali.
Serata a Uyuni dove ci accorgiamo di quanto sia facile ubriacarsi a quasi 4000 metri.

28 e 29 gennaio - Bolivia!


Dopo una giornata di ozio e riposo in San Pedro partiamo per la Bolivia. 
Il bus che dovrebbe passare a prenderci alle 7.30 è ovviamente in ritardo. Il gruppo è composto da Emily, Catalin, Stefan, Lennart e due ragazzi inglesi, Fred e Fin. 
Saliamo per le Ande fino ad arrivare al confine boliviano, la "frontiera" è una piccola costruzione nel mezzo del nulla, circondata soltanto dai rottami di un vecchio bus, dalle pietre che non lasciano nascere niente se non qualche ciuffo di erbe che ho imparato a conoscere negli ultimi mesi.
Ci prendiamo il nostro stampo boliviano sul passaporto e - dopo qualche minuto di attesa per riuscire a cambiare alcuni soldi da uno degli autisti - partiamo su un vecchio land cruiser che non promette nulla di buono.
L'agenzia ci aveva promesso che saremmo stati non più di sei per macchina, ma siamo in sette. La vista che ci circonda, attorno ai 3500 metri, è splendida e surreale. 
Attraversiamo la laguna blanca e la laguna verde, che deve il suo colore all'alto contenuto di arsenico, ed è sovrastata dal vulcano licancabur - il vulcano del vilaggio - che svetta con i suoi 5916 metri. Proseguiamo col nostro veicolo traballante per le rocce di Dalì, una formazione di rocce surrealiste sputate nel mezzo del nulla da un vulcano migliaia di anni fa, praticamente identiche a un quadro di Dalì, che l'artista dipinse senza aver mai visto questo luogo. Più avanti incontriamo una piscina semi-naturale dove ci si può tuffare nell'acqua termale a 40°C a combattere per un po' il freddo circondato dai fenicotteri.
Guidiamo per altri infiniti minuti fino a raggiungere i Geiser Sol de Manana a 5000 metri, il punto più alto della mia vita, dove borbottano e fumano decine e decine di geyser. Scendiamo di qualche centinaia di metri a raggiungere la nostra destinazione finale per la prima giornata, la laguna colorata, una laguna enorme, strapiena di fenicotteri, di colore rosso vivo con - al centro - un'enorme formazione di gesso e sale all'interno che sembra un enorme iceberg.
L'altra macchina nel nostro gruppo arriva con molto ritardo e scopriamo che, durante il tragitto, hanno perso una ruota e si sono quasi ribaltati nel deserto. Ceniamo e dormiamo in un posto assolutamente squallido dove pare che i nostri autisti stiano sniffando colla per intrattenersi.