giovedì 21 febbraio 2013

11 febbraio - frane e zip line


Il programma per il secondo giorno dice: trasporto fino a Santa Teresa - un'ora di viaggio - dove incontreremo la nostra nuova guida (tale Jimmy), zip line di mattina, pranzo, relax e poi due ore di cammino facile e piano fino a raggiungere Aqua Caliente, città ai piedi del Machu Picchu.

Partiamo col bus per una strada stretta, a rischio frane, che da un lato ha la montagna e dall'altra un parapetto di centinaia di metri. Ashley e Elle fanno praticamente tutto il tragitto con gli occhi chiusi e - attraversando un ponte di legno semi-inondato sospeso a decine di metri su un fiume in piena, li chiudo anche io. Scopriamo poi che questa strada è statisticamente più pericolosa della death road boliviana, solamente meno famosa.
Quando siamo a cinque minuti (peruviani) di macchina da Santa Teresa, vediamo di fronte a noi una frana che ha colpito un camion carico di merci. Il camion è in bilico tra la strada e il precipizio, frenato - per sua fortuna - da alcune piante e alcune rocce messe a protezione a bordo strada.
Il nostro autista ci dice allora di proseguire a piedi - ovviamente soli - e di fare attenzione, "in venti minuti sarete a Santa Teresa". Zaino in spalla e camminiamo, con una vista oggettivamente straordinaria a fondo valle di un fiume in piena, rabbioso e feroce; mentre passeggiamo chiacchierando per Santa Teresa scopriamo presto che le frane non vengono mai da sole. Attraversiamo una quantità infinita di frane che, in molti posti, ci fanno camminare nel fango fin sopra il ginocchio e decidiamo di farlo uno per volta, in modo da permettere agli altri di stare indietro e urlare se ci sono sassi che cadono (cosa che accade molto più di quanto avremmo voluto). A un certo punto arriviamo in una zona vicina a una cascata e qui la frana è enorme e ancora attiva, rocce grandi e piccole cadono in continuazione, ma decidiamo di provare a passare mentre - nel frattempo - dall'altro lato è arrivata una grossa draga che sta ripulendo la strada. Passiamo con cautela la zona, riuscendo a evitare i sassi cadenti, ma arrivati quasi alla fine, l'autista della draga e uno dei suoi colleghi ci dicono di tornare indietro e aspettare, che è troppo pericoloso. 
Obbediamo e attendiamo per oltre un'ora e mezza che la strada venga ripulita. 
Dopo l'attesa, convinti che dall'altra parte non ci sia più nessuno ad aspettarci e iniziando a pensare a un modo per raggiungere Aqua Caliente per i fatti nostri, attraversiamo e un peruviano con un sorriso enorme ci chiede se siamo i ragazzi che erano con papà Ricky, che il suo nome è Jimmy e che non abbiamo idea di quanto sia felice di vederci vivi.

La gioia è decisamente ricambiata, Jimmy ci ha aspettati dalla mattina presto e ci da un'altra ottima notizia, siamo ancora in tempo per lo zip line. Lo zip line che stiamo per affrontare è uno dei più alti del Sud America, faremo sei linee, la più lunga di circa 500 metri, la più alta a 200 metri dal suolo, con una velocità massima di circa 40 Km/h. Saliamo a piedi per un piccolo e impervio sentiero fino a raggiungere la prima postazione dove mi sto già cacando sotto (per chi non lo sapesse, soffro di vertigini). Buona notizia, sono in compagnia, anche Elle si caca sotto.
Affronto la prima discesa con una delle guide - che se moriamo almeno siamo in due e si sa, mal comune...
Dopo la prima discesa mi lascio andare e faccio la seconda solo, mentre nella terza, la più alta, veloce e lunga, faccio superman: mi viene cambiata l'imbragatura e vengo lanciato con  una guida che mi regge le gambe (come da video).
Dopo aver scalato un pezzo di montagna a strapiombo (messi in sicurezza con l'imbragatura) partiamo per la quarta linea, dove ormai mi sento sicuro, lascio andare le mani dalla presa in sicurezza, mi giro, faccio lo scemo e non mi accorgo che sono troppo vicino alla fine; cerco allora di tornare in posizione in fretta e sfrego per bene un braccio nudo sul filo metallico. Dopo le altre due linee torniamo alla base, pranziamo e raggiungiamo la fine della strada, dove proseguiamo a piedi per circa due ore e mezzo, sui binari del treno, fino a raggiungere in serata Aqua Caliente.

Dopo un massaggio "Inca", che significa "ti massaggio come cacchio voglio" andiamo a dormire presto e ci prepariamo per la sveglia alle 4.00 e gli scalini di una delle meraviglie del mondo.

10 febbraio - downhill? No uphill


Il primo giorno del programma dice: trasporto in bus fino a 4400 metri, downhill per alcune ore in mountain bike, arrivo e pranzo a Santa Margherita, trasferimento in bus a Santa Teresa, notte a Santa Teresa.

Essendo la stagione delle piogge, ci avevano avvisato sulla possibilità (remota) di frane; la notte precedente, però, le piogge sono state molto intense e - mentre saliamo in bus - ci dicono che devono controllare un paio di ponti per vedere se sono resistenti abbastanza. Mentre ci spiegano questo "problemino", foriamo e ci fermiamo a cambiare una gomma.
Il paesaggio mentre cambiamo la gomma è tra lo splendore delle montagne e l'odio di peruviani che maltrattano gli asini sovraccarichi di patate.
Mentre saliamo vediamo una preoccupante colonna di auto ferme, la sorpassiamo e ci troviamo di fronte a una grossa frana che blocca la strada.
A questo punto vinco il premio per l'idea più stupida dell'anno e dico "beh, ma perchè non arriviamo fino in cima in bici?"; la guida non vorrebbe ci dice che sarà dura e che ci vorranno almeno due ore per arrivare fino in cima e che - se anche solo uno si sente male o non se la sente - si torna tutti indietro. Ok. Scaliamo una piccola montagna per sorpassare la frana e, con la gente del luogo che ci dice che siamo completamente pazzi, partiamo.
Da subito è chiaro che alcuni non ce la faranno mai e che - con mio immenso stupore - sono uno dei più in forma della comitiva. Elle e un'altra ragazza vengono presto caricate da un pick-up e portate in cima ad aspettarci. La strada è un tormento, l'altitudine - oltre 4000 metri - ti spacca i polmoni, la strada ti spacca le gambe; inizialmente il gruppo è compatto e ci si aspetta, ma poi la guida - papà Ricky - ci dice che se ce la sentiamo possiamo andare da soli.
Dopo 3 ore infinite sono il primo ad arrivare in cima, nel mezzo del nulla, dove c'è una temperatura di pochi gradi e Elle e l'altra ragazza sono chiuse in una chiesa a cercare di scaldarsi con le candele. Circa mezzora dopo me arriva Ashley e - dopo di lei - nessuno. 
Ormai è troppo tardi per fare downhill e la guida riesce a trovarci un passaggio fino a Santa Margherita. Arriviamo a Santa Margherita e iniziamo a mangiare "pranzo" che sono le 18.30, degli altri nessuna traccia.
Dopo un sacco di tempo arrivano gli altri, stremati, fradici e infreddoliti; scopriamo così che il nostro bus aveva deciso di abbandonarci e tornare a Cusco e che nessuno è riuscito ad arrivare sulla cima. Fortunatamente la guida è riuscita a pagare un pick-up della polizia che ha caricato tutti nel retro passando dai pochi gradi della cima alla pioggia torrenziale più in basso. 
Essendo troppo tardi, buio e pieno di frane, ci fermeremo a Santa Margherita per la notte e partiremo la mattina presto per Santa Teresa.
Serata giocando a monopoli in versione semi-alcolica, ridendo come non mai e guardando un video girato da Joshua, Aldo e Dean, dove - un po' scherzando e un po' seriamente - salutavano la famiglia e gli amici, convinti di morire di freddo e fame sulla montagna.

9 febbraio - Rafting


Sveglia presto e partiamo tutti tranne Elle (che deve andare in aeroporto a prendere un suo amico che sta arrivando) a fare Rafting. 
Acqua gelata, livello delle rapide: tra il 3,5 e il 4+, livello del paesaggio e della compagnia: indescrivibili.

Joshua in Bolivia ha comprato una maschera colorata che abbiamo simpaticamente ribattezzato "maschera per lo stupro", per stuprare con colori e sorrisi. In vista del machu picchu decidiamo allora di comprarne una a testa, compreso Aldo, l'amico di Elle appena arrivato. In serata decidiamo di fare l'Inca jungle trek per arrivare, dopo tre giorni, al grande machu.

8 febbraio - giro per Cusco


Dopo una notte in bus arriviamo a Cusco avendo dormito pochissimo. Prendiamo possesso di una camera di ostello, ci riposiamo e poi giriamo per la antica capitale Inca. Cusco è una città bellissima dove gli spagnoli hanno costruito chiese e case sfruttando le fondamenta Inca. 
Giriamo senza meta, perdendoci per gli infiniti (e sfinenti) saliscendi e festeggiamo la serata nel nostro ostello, Loki, famoso per le sue feste e - riguardo al quale - la lonely planet dice "se non ne avete sentito parlare e non sapete a cosa andate incontro, non andateci".

7 febbraio - viaggio in Perù


Che le persone facciano la differenza in ogni situazione è una credenza profondamente radicata in me, per questo il giorno sette febbraio è stato uno dei più divertenti della mia vita, nonostante sia stato passato principalmente su un bus. 
Viaggiamo per il Perù, io e i quattro australiani, non smettendo mai e poi mai di ridere.

6 febbraio - La Paz e cocaina

Dopo un giorno di relax facciamo una serata di gran festa con Dean, Ashley, Joshua, Elle e alcuni altri ragazzi dell'ostello. La sera, dopo una discoteca in cui si balla la samba, siamo andati in un bar illegale chiamato Route 36.
Appena si entra, il buttafuori richiude la serranda alle tue spalle e il locale torna ad essere un non-luogo. 

Route 36 è un coca-bar. La cocaina qui è venduta talmente apertamente che è quasi sul menù. Dopo una serata dove sono rimasto stupito dal consumo di cocaina della gente nel bar, facciamo per uscire che sono circa le 6.00, ma il padrone del locale ci blocca e ci dice che "c'è un problema alla porta e non possiamo uscire". Alcuni turisti nel bar iniziano ad essere in panico, pensando che stiano per arrivare alcuni complici a derubarci, allora inizio a parlare al padrone, che mi dice che non sa cosa ci sia, ma ci sono dei problemi. Dopo una buona mezzora lo convinco che - essendo il posto suo - dovrebbe sapere cosa succede nel suo palazzo e allora lui apre la porta, parla a segni con un ragazzo al primo piano che parla a segni a sua volta con qualcuno che non riesco a vedere (probabilmente il buttafuori) e dopo altri cinque o dieci minuti ci fanno uscire.

5 febbraio - the dead road, downhill


The dead road, la strada più periocolosa del mondo. Ecco un paio di video per farvi meglio conoscere di cosa si tratta. 

Top Gear Bolivia - Youtube

Bus in the dead road


Questa strada - prima della costruzione di un'altra che ha deviato la maggior parte del traffico, segnava 350 morti all'anno.

Saliamo a "la cumbre", 4700 metri, con la nostra guida che fa raccontare a tutti una delle storie più imbarazzanti della propria vita. La sua non è male: come "battesimo", dopo la prima discesa come guida, devono risalire bevendo una bottiglia da un litro e mezzo di rum e coca. Arrivato a La Paz, Markus - questo il nome delle guida - stava tornando a casa quando si è messo a vomitare appoggiato a una delle auto in sosta, senza rendersi conto che sull'auto c'erano delle persone. Il guidatore a un certo punto ha pensato bene di suonare il clacson e Markus si è letteralmente cagato addosso. 
Ma torniamo a noi. Saliamo a la cumbre, 4700 metri, una temperatura approssimativa di meno qualche grado, la neve intorno a noi. Prendiamo possesso delle nostre biciclette, che sono una chicca tecnologica, sospensioni degne di un camion, leggere come piume, fantastiche. Io sono l'unico del mio gruppo che vorrebbe fare anche la parte in salita, allora Markus mi dice "in quella direzione, dopo le nuvole, c'è una piccola collina. Arriva in cima e so che puoi fare la parte in salita"; parto e in pochi minuti sono in cima, senza ossigeno, senza allenamento e senza scaldarmi, sono praticamente già morto.
La prima parte di downhill è su una strada asfaltata abbastanza sicura, dalla quale si possono però vedere alcune vetture che sono uscite di strada e hanno fatto un salto nella scarpata di circa cinquecento metri. La vista è semplicemente mozzafiato, i verdi e le cascate si susseguono. Arriviamo al termine della discesa della strada asfaltata e - dato che nessuno vuole fare la salita - riprendiamo il bus fino ad arrivare all'inizio della dead road, the world's most dangerous road. 

Seguiamo Markus e scendiamo per questa strada incredibile, dove godersi la vista è praticamente impossibile, dato che bisogna tenere gli occhi ben fissi sulla strada. La strada sterrata e costeggiata per tutto il percorso da un salto nel nulla di centinaia di metri. Io sono solitamente in terza posizione, dietro a Markus e un matto australiano. Seguo Luke - il ragazzo australiano - che prende ogni sasso, ogni occasione per fare alcuni salti e io mi accodo.
I punti in cui si rischia di cadere sono moltissimi, ma la bicicletta riesce a passare sopra qualsiasi cosa. Durante la discesa si attraversa un po' di tutto, tra cui anche alcune rinfrescanti cascate. Ci fermiamo spesso nella nostra discesa per riprendere fiato e ammirare il paesaggio, costeggiato da croci che mettono i brividi.

Dopo alcune ore arriviamo a Yolosa, 1200 metri, dopo 65 Km di strada e 3500 metri di dislivello. Dopo una birra, cibo, doccia e relax torniamo a La Paz col bus sulla dead road. La strada in salita col bus è molto più impressionante e pericolosa che la discesa in bicicletta; salendo si vede cosa abbiamo appena fatto, vedere quanto stretta, insicura e pericolosa la strada. Inoltre Markus, mentre saliamo, ci racconta quante persone sono cadute e morte nelle varie zone della strada.
Seguiranno alcuni video e foto della nostra avventura. 

venerdì 15 febbraio 2013

4 febbraio - ancora alla pace


Giro con Elle per La Paz, visitiamo altri mercati dove vendono merce stranissima, tra cui feti di lama come doni per la madre terra, saliamo fino a un meraviglioso punto panoramico che sovrasta la città e finiamo visitando il museo della coca, dove viene spiegata la storia di questa affascinante pianta e dei suoi derivati, dalla cocaina alla cocacola. 

3 febbraio - La Paz


Dopo una notte in bus arriviamo a La Paz, città dove i sali e scendi di spaccano ti lasciano senza fiato e dove giriamo senza meta per la città, tra mercati coloratissimi, vecchie chiese, e strade più pulite di quanto mi aspettassi.
La sera, in ostello, mi incontro nuovamente con il gruppo di fantastici australiani conosciuti in Cile: Dean, Joshua e Ashley. 
Serata all'hardrock cafè di La Paz.

2 febbraio - tutti in miniera! Ma prima compriamo della dinamite.


Partiamo al mattino presto per andare in miniera. Dopo aver firmato varie carte dove diciamo che se moriamo sono fatti nostri visitiamo prima uno stabilimento dove vengono estratti i minerali usando composti chimici che poi vengono scaricati nel fiume senza alcun processo di pulizia e che rendono il fiume uno dei più inquinati del mondo. Proseguiamo poi per il mercato dei minatori, dove si possono comprare le cose indispensabili per i minatori: bevande, foglie di coca e dinamite.
Inizio a masticare le foglie di coca al mattino, per cercare di prevenire stanchezza e altitudine e proseguo nel bus mentre saliamo a 4300 metri, all'ingresso della miniera.
Entriamo tra cunicoli piccolissimi dove dopo pochi minuti l'ossigeno già raro scompare ancora di più, dove il collo inizia a farmi male e dove alcune persone decidono di tornare indietro e non affrontare l'avventura. Proseguiamo divisi in piccoli gruppi mentre la nostra guida ci spiega la vita dei minatori e i minerali. Mentre siamo ancora al primo livello sentiamo un'esplosione che mette in chiara agitazione la nostra guida (scopriremo più tardi che l'esplosione è stata fatta "per gioco" da un altro dei nostri gruppi), ma proseguiamo. Scendiamo tra piccoli cunicoli dove si deve quasi strisciare fino al secondo livello, dove siamo affiancati da un enorme buco che ci permette di vedere il terzo e ultimo livello e dove un turista giapponese è caduto e morto pochi giorni prima. Proseguiamo tra scale traballanti e cunicoli in cui dobbiamo strisciare e arriviamo al terzo e ultimo livello; siamo 65 metri sotto terra (quindi siamo a un'altitudine di circa 4200 metri), ci sono 35°C, non c'è ossigeno e i cunicoli sono sempre più piccoli. Sudati e senza riuscire a respirare torniamo in superficie.
Torniamo in ostello, una doccia e poi saluto con grande tristezza il meraviglioso gruppo che ci ha accompagnato fino qui e parto per La Paz. Convinto di fare il viaggio da solo, scopro invece che Elle sta per prendere lo stesso bus.

1 febbraio - Potosi


Partiamo per Potosi, la città più alta del mondo, e giriamo visitando questa città che vive e muore con le sue miniere, con il suo argento e i suoi minerali. Centinaia di anni aveva le stesse dimensioni delle Parigi e New York di allora e, tra qualche decina d'anni, potrebbe scomparire. Passeggiamo tra le chiese e i vecchi palazzi con un cane che ci segue per tutto il giorno e attacca tutti i boliviani che vede, mentre i bambini si lanciano palloncini d'acqua per celebrare l'arrivo del carnevale.
Il gruppo è di undici persone, Lennart, Catalin, Stefan, Fin, Fred, Rosa, Annemarie e un'altra ragazza olandese di cui non ricordo il nome, la tedesca Doreen e l'australiana Elle.

31 gennaio - salar de Uyuni


Pronti a partire per il salar de Uyuni (attrazione principale del viaggio) alle 10.00 del mattino, ma l'autista non si vede... aspettiamo e aspettiamo e con oltre un'ora di ritardo siamo finalmente pronti a partire. Prima del salar visitiamo velocemente un cimitero dei treni dove decine di vagoni e locomotive sono abbandonate da anni.
Arrabbiati per il ritardo, ma eccitati, arriviamo al salar. Il salar, un deserto infinito di sale, in questo periodo dell'anno è irregolarmente inondato da acqua che va dai pochi ai venti centimetri. Saliamo sul tetto della macchina e guidiamo per il salar fino a raggiungere una zona con poca acqua dove si possa scendere e giocare con la prospettiva per fare delle foto interessanti. L'acqua che inonda il salar riflette il cielo azzurro e bianco e da l'impressione che il mondo non abbia orizzonte; non si riesce a capire dove finisca il mondo e inizi il cielo, ci guardiamo attorno esterrefatti, a bocca aperta, in uno spettacolo di blu, azzurri e bianchi, con le altre jeep che sembrano microscopici insetti lontani, con un uomo che scava per prendere il sale, con alcune montagne poco visibili in lontananza. Passiamo ore a fare foto stupide, saltando camion che sembrano minuscoli, abbracciando piccole cianfrusaglie che sembrano enormi, giocando a freesbee e godendo di uno dei paesaggi più affascinanti e meravigliosi del mondo.
La compagnia è talmente perfetta che decido di cambiare programma e proseguire per Potosi invece di andare direttamente a La Paz.
Serata in un pub chiamato extreme fun pub con Annemarie e le sue compagne di tour che ci seguiranno a Potosi, mentre Emily andrà a Santa Cruz.

30 gennaio - dalla laguna colorata a Uyuni

Ripartiamo il mattino presto (svegliandoci un'ora prima del previsto dato che non sapevo del cambio di fuso tra Chile e Perù) e dopo qualche ora di viaggio visitiamo l'albores de piedra, una pietra che - consumata dal vento - ha preso la forma di un albero, circondata da altre formazioni rocciose strane e interessanti. Qui rincontriamo Annemarie, che sta facendo il tour con un gruppo di altre quattro ragazze e ci diamo appuntamento per la sera successiva a Uyuni. Guidiamo sulle dune attraversando la laguna honda e raggiungiamo la laguna hedionda; qui, mentre scattiamo alcune fotografie, inizia a nevicare e quando stiamo per ripartire la macchina non da segni di vita. Spingiamo tutti insieme e ripartiamo fino ad arrivare a un villaggio meravigliosamente sperduto nel nulla dove pranziamo. Dopo pranzo l'autista si mette a trainare la macchina in panne di un suo amico; siamo tutti convinti che il trainare sia per pochi minuti, ma poi vediamo la macchina lasciare il villaggio e dirigersi verso Uyuni, a 3 ore di distanza. Dopo circa un'ora di traino diciamo all'autista che non abbiamo esattamente pagato per trainare un'altra macchina e - finalmente - l'altra macchina viene lasciata in un villaggio chiamato San Cristobal e noi ripartiamo.
La strada che ormai mi sembra normale è assurda. Si susseguono i segnali di pericolo per attraversamento lama, struzzi e altri animali.
Serata a Uyuni dove ci accorgiamo di quanto sia facile ubriacarsi a quasi 4000 metri.

28 e 29 gennaio - Bolivia!


Dopo una giornata di ozio e riposo in San Pedro partiamo per la Bolivia. 
Il bus che dovrebbe passare a prenderci alle 7.30 è ovviamente in ritardo. Il gruppo è composto da Emily, Catalin, Stefan, Lennart e due ragazzi inglesi, Fred e Fin. 
Saliamo per le Ande fino ad arrivare al confine boliviano, la "frontiera" è una piccola costruzione nel mezzo del nulla, circondata soltanto dai rottami di un vecchio bus, dalle pietre che non lasciano nascere niente se non qualche ciuffo di erbe che ho imparato a conoscere negli ultimi mesi.
Ci prendiamo il nostro stampo boliviano sul passaporto e - dopo qualche minuto di attesa per riuscire a cambiare alcuni soldi da uno degli autisti - partiamo su un vecchio land cruiser che non promette nulla di buono.
L'agenzia ci aveva promesso che saremmo stati non più di sei per macchina, ma siamo in sette. La vista che ci circonda, attorno ai 3500 metri, è splendida e surreale. 
Attraversiamo la laguna blanca e la laguna verde, che deve il suo colore all'alto contenuto di arsenico, ed è sovrastata dal vulcano licancabur - il vulcano del vilaggio - che svetta con i suoi 5916 metri. Proseguiamo col nostro veicolo traballante per le rocce di Dalì, una formazione di rocce surrealiste sputate nel mezzo del nulla da un vulcano migliaia di anni fa, praticamente identiche a un quadro di Dalì, che l'artista dipinse senza aver mai visto questo luogo. Più avanti incontriamo una piscina semi-naturale dove ci si può tuffare nell'acqua termale a 40°C a combattere per un po' il freddo circondato dai fenicotteri.
Guidiamo per altri infiniti minuti fino a raggiungere i Geiser Sol de Manana a 5000 metri, il punto più alto della mia vita, dove borbottano e fumano decine e decine di geyser. Scendiamo di qualche centinaia di metri a raggiungere la nostra destinazione finale per la prima giornata, la laguna colorata, una laguna enorme, strapiena di fenicotteri, di colore rosso vivo con - al centro - un'enorme formazione di gesso e sale all'interno che sembra un enorme iceberg.
L'altra macchina nel nostro gruppo arriva con molto ritardo e scopriamo che, durante il tragitto, hanno perso una ruota e si sono quasi ribaltati nel deserto. Ceniamo e dormiamo in un posto assolutamente squallido dove pare che i nostri autisti stiano sniffando colla per intrattenersi.

lunedì 28 gennaio 2013

27 gennaio - anche meglio!


Ci svegliamo alle 4.00 del mattino e dopo un'ora e quaranta minuti di viaggio raggiungiamo quota 4400 metri. Nel chiarore della luna piena siamo circondati da cinquanta geyser e settanta fumarole vulcaniche.
Attendiamo l'alba a meno sei gradi, in uno scenario incredibile, con i geyser che ogni tanto sputano l'acqua intorno al metro d'altezza. Appena spunta il sole ci lanciamo in una piscina semi-artificiale con acqua calda e dopo questa esperienza termale saliamo a 4600 metri, per poi ridiscendere a 4100 per visitare un vecchissimo villaggio che un tempo fu di minatori.
Qui Ashley inizia a sentirsi male per l'altezza ma un miracoloso tè di una strana erba locale la rimette in sesto.

Torniamo in città per organizzare una notte molto speciale e partiamo per il tour del pomeriggio verso la laguna seja. 
Nel tour del pomeriggio si uniscono a noi quelli che saranno i miei compagni di viaggio nel deserto boliviano: Emily, ragazza inglese, Cristian, tedesco e Cattalin, primo viaggiatore rumeno che abbia mai conosciuto.
Arriviamo in un lago col 40% di sale, dove - per la prima volta - provo l'esperienza di galleggiare in acqua senza sforzo. L'esperienza è incredibile... ti puoi sdraiare come se fossi su un letto e tanto il sale ti tiene su. Dopo qualche foto molto stupida usciamo tutti pieni di sale e ci avviamo a un altro luogo dove ci sono altre tre lagune. Una è scavata nel terreno a circa tre metri sotto il livello del deserto circostante; ci tuffiamo nei modi più idioti possibili e poi attendiamo il tramonto su una laguna senza acqua, completamente salata, infinita, con un prato verdissimo e le Ande sullo sfondo. Bevendo pisco sour ammiriamo queste bellezze e torniamo in città.

In un'ora andiamo a comprare una quantità infinita di birre e pisco sour, prendiamo delle vecchie tavole da snowboard e andiamo nella valle della morte. 
La valle della morte si chiama così per colpa di un belga non molto intelligente che voleva chiamarla valle di Marte, ma - non avendo pronunciato muerte al posto di Marte - il nome è stato acquisito dai locali e così è rimasto. Arriviamo in bus e camminiamo per una ventina di minuti. Lo spettacolo è uno dei migliori di sempre, la luna illumina le rocce in modo miracoloso e si riflette su alcune piastre di sale; arriviamo a una duna altissima di sabbia, saliamo, ci mettiamo la tavola ai piedi e ci lanciamo giù dalle dune, chi meglio chi peggio. A valle ci attendono birra fresca e pisco sour. Passiamo circa tre ore facendo sandbording e ritorniamo in un bus chiassoso e ilare, che si accanisce contro il rumeno per la loro fama di zingari.

Arrivati in città camminiamo a senza meta fino a ritrovarci in una festa in mezzo al deserto, con una piccola casa che mette musica elettronica e, fuori, un gruppo di bonghi e chitarre che improvvisano, un falò, cani randagi e un sacco di gente divertente. Insegno a dire le cose più sconce del mondo in italiano a un gruppo di cilene e torniamo in ostello alle 5.30, svegli da oltre 25 ore.

26 gennaio - Lagune e valle della luna

Partiamo presto con i tre australiani e Lennard (insieme ad un altro po' di gente) per un tour che ci porta in mattinata a due lagune, nel pomeriggio alla valle della luna.

Viaggiamo per alcune ore, circondati dai vulcani delle Ande e da altre due catene montuose meno importanti e la vista è semplicemente non descrivibile.

Iniziamo con un deserto di sale di origine oceanica, come prima cosa lecco una pietra per poi scoprire che, oltre al sale, c'è anche dell'arsenico! La vista candida, quasi innevata, viene "disturbata" da un'infinità di fenicotteri di diversi colori.

Più tardi visitiamo un villaggio antichissimo con porte di legno di cactus pregiatissimo e mattoni fatti con ossa di animali, fango e piante e - infine - arriviamo a circa 4300 metri, dove un fiume è stato trasformato in due lagune dall'eruzione di due vulcani circostanti.
La vista è mozzafiato, l'acqua blu che più blu non si può, la temperatura è fresca, il sole picchia forte per la latitudine tropicale, ma l'altitudine dona una freschezza incredibile. Siamo circondati da animali visibili solo qui, specie strane di lama, uccelli mai visti ecc ecc.

Il pomeriggio andiamo alla valle della luna, una rocciosa che - ovviamente - ricorda il panorama lunare, col sale che crepa la pietra di giorno e la richiude di notte. Entriamo in una grotta scura e meravigliosa e iniziamo a scherzare e fare foto assolutamente non normali con la guida (nel frattempo diventata nostra amica) che ci richiama in continuazione, come a scuola.

25 gennaio - parto per il Cile

Sveglia presto e un bus mi porta in Cile, a San Pedro. All'inizio mi ero dispiaciuto di dover fare il viaggio di giorno, considerandolo una perdita di tempo, ma il paesaggio mi ha presto fatto cambiare idea. Attraversare le Ande è assurdo, fantastico, unico. Cavalli, lama, pecore e asini selvatici possono attraversare la strada da un momento all'altro. L'altitudine - che varia dai 2000 a quasi 5000 metri - combinata con la latitudine (praticamente siamo sul tropico) creano un paesaggio mitico, che continua a essere a ogni passo da cartolina.

Attraversiamo prima Purmamarca, ammirando da un po'  più lontano la montagna dei sette colori, per poi inerpicarci tra le rocce color mattone e ocra che si aprono in una salina immensa, un lago di sale piatto calmo e immenso che, con le piogge del periodo, brilla e luccica. Il paesaggio magico prosegue per ogni singolo metro del viaggio, mentre sul bus accadono cose strane (gente che vomita sangue e altri che si cagano addosso). 

Sul bus ritrovo Lennard, ragazzo olandese conosciuto a Mendoza, e conosciamo un gruppo di tre australiani, Dean, Jhosua e Ashley.

Arriviamo in serata a San Pedro, città con case di fango, un tempo patria di minatori, ora viva grazie al turismo, iniziato pochissimo tempo fa, intorno al 1990.

24 gennaio - meraviglie di madre natura

Parto da solo per visitare un paesino vicino a Jujuy, chiamato Puermamarca, famoso per la montagna dai setti colori.

Questo villaggio minuscolo è una meraviglia. Le case basse in mattoni quasi fangosi, i lama che corrono liberi intorno e una montagna di sette colori che sovrasta il tutto. Cammino per circa quattro chilometri, intorno alla montagna, per tornare al villaggio. La temperatura è perfetta, la vista incredibile, la montagna è rossa, arancione, azzurra, verde, bianca, blu, viola... dicono sette, ma io ne ho visti molti di più. La gente in questi villaggi ha visi molto scuri, è di statura più bassa e non dispensa sorrisi senza motivo.
Finisco di visitare Purmamarca e mi accorgo di avere ancora molto tempo e proseguo per un altro villaggio quasi in Bolivia, chiamato Humahuaca. 
Così come Purmamarca, Humahuaca è una cartolina, le macchine vecchie, tutto in mattoni, un villaggio di altri tempi, i vestiti tipici, una camminata che sale a una chiesa circondata di cactus e rocce sparse.

Torno a emozionarmi, a sorprendermi, a conoscere nuove emozioni regalate, come sempre non da città ma da la pachamama, madre natura, il mio Dio preferito.

Serata a mangiare e parlare di calcio con un gruppo di argentini. Il mio castellano è proporzionale all'alcol nel mio corpo, però anche la mia pancia è proporzionale all'alcool nel mio corpo. Quindi, in conclusione, tornerò grasso conoscendo lo spagnolo o magro e ignorante.

23 gennaio - Jujuy


Arrivo a Jujuy nel pomeriggio e inizio a vagare per città. Incontro per caso una coppia di ragazzi irlandesi con i quali avevo fatto  rafting a Mendoza e decidiamo di "bere un bicchiere di vino" in un bar nella piazza principale. Il bicchiere di vino si trasforma in cinque bottiglie e la mia giornata diventa tanto divertente quanto improduttiva dal punto di vista turistico.

22 gennaio - Salta ancora o ancora Salta


In mattinata giriamo un altro po' per Salta e poi visitiamo un museo di alta montagna, dove sono conservate delle mummie di bambini sacrificati dai Maya nelle alture sul confine boliviano. 

Per la prima volta dall'inizio del mio viaggio inizio a pensare che nove mesi siano troppi. Le città sono carine, alcuni posti meravigliosi, ma ho visto così tanto negli ultimi mesi che diventa difficile emozionarsi per cose così simili - in qualche modo - all'Italia.

21 gennaio - Cafayate


Partiamo con un tour organizzato che ci porta a Cafayate, seconda città per importanza nella produzione del vino dopo Mendoza. 
La sveglia suona alle 6.30, ma la spengo senza accorgermene e Annemarie mi sveglia alle 7.15, quando l'autista mi sta già aspettando.

La strada per raggiungere Cafayate è un susseguirsi di regali della natura; formazioni rocciose vecchie di millenni che giocano con le forme e i colori più disparati. Da ricordare la gola del diablo, l'anfiteatro, la rana, il titanic, il castello, l'obelisco e altri che non ricordo. Sulla strada ci fermiamo a coccolare e fare qualche foto con dei lama, che hanno degli occhi sorprendentemente dolci e femminili per arrivare a Cafayate all'ora di pranzo e dopo una visita deludente a una cantina facciamo ritorno a Salta.

19 - 20 gennaio - Salta

Salta è una città strana, con alcune zone bellissime e antichi palazzi e altre zone con costruzioni in stile sovietico, squadrate e orrende. Con Annemarie, ragazza olandese conosciuta a Mendoza, giriamo la città con le chiese coloratissime, i vecchi conventi e prendiamo una seggiovia che ci porta in cima a una collina poco distante. La vista non è delle più impressionanti, anche se le Ande sullo sfondo fanno la loro figura.
La serata la trascorriamo in ostello con Olli (il ragazzo conosciuto a Buenos Aires) e sua sorella e, come sempre con Olli, è semplicemente fantastica.

14 - 18 gennaio - Mendoza e dintorni


Dopo un giorno di viaggio arrivo in mattinata la mattinata del 14 a Mendoza, faccio un giro della città e poi vengo raccolto da un bus che mi porta nella periferia della città. Da qui prendiamo dei cavalli e giriamo per quasi due ore ammirando le ande sullo sfondo. 

Il giorno successivo sveglia presto per passare un giro tra gli splendidi vigneti intorno a Mendoza, andando da un vigneto all'altro in bici. 

Dopo un altro giorno di visita alla città e un giorno facendo rafting nelle acque terrose e sporche di un fiume poco distante, parto per Salta.

12 gennaio - il settimo dice...


Dopo una giornata con Olli, ragazzo olandese fantastico, siamo andati in una discoteca molto famosa, chiamata "la terrazas del este" con altre persone dell'ostello e - qui - qualche brava persona mi ha rubato il telefono. 
Che il karma si prenda cura di te.

2 - 11 gennaio - BA

In questi giorni ho cercato di trovare un lavoretto per un mese nella capitale argentina, ma senza successo (forse non ho proprio profuso il massimo impegno).

Salvo i primi giorni, dove ho girato visitando con diverse persone conosciute in ostello e, più tardi, con una delle ragazze cilene conosciute in Brasile, per circa cinque giorni la mia giornata è stata:
arrivare in ostello alle 7.00 del mattino, dormire un'ora e mezza, andare al corso di spagnolo dalle 9.00 alle 13.30, dormire tutto il pomeriggio, bere, uscire. Riprendere il ciclo degli eventi.

1 gennaio - poche ore di luce


Passo la mia ultima giornata in Brasile in spiaggia, con Tatiana - ragazza centallese volontaria a Rio da mesi - e una serata tranquilla, provati dalle precedenti.

31 dicembre - uno dei migliori della mia vita


Dopo una visita a un centro deserto e inquietante andiamo al Corcovado. Quello che vede Gesù tutti i giorni è uno spettacolo incredibile. Arriviamo al tramonto, la luce è perfetta, la gente è pochissima dato che si stanno preparando per la festa alla sera. Passiamo a bocca aperta lunghi minuti e poi scendiamo per andare a festeggiare a copacabana.
Ci sono alcune tradizioni molto importanti nel capodanno in Brasile. I colori che si vestono significano qualcosa: il bianco è pace, il rosa amore, il rosso passione, l'oro soldi ecc ecc. Quindi tutti ipocritamente vestono qualcosa di bianco. Non avendo trovato delle magliette bianche tipiche da turista con scritto "Rio 2013" o "I love Rio" io e Pietro le abbiamo comprate da donna.
Le serata risulta essere meravigliosa, uno dei migliori capodanni di sempre. La spiaggia a Copacabana è stracolma, con musica e gente che balla ovunque, ma lo spazio vitale per ballare, parlare e fare gli scemi c'è eccome.
Appena scatta la mezzanotte partono un'infinità di fuochi d'artificio e - come da tradizione - tutti si dirigono verso il mare per saltare su un piede solo (il destro) le prime sette onde, mentre le donne lanciano un fiore di buon auspicio in mare.

30 dicembre - come direbbe Roberta Luzi, il palo di zucchero

Ci svegliamo tardi e ancora ubriachi e decidiamo di andare a vedere il Cristo. Arrivati a prenotare il treno che ci porta sul Corcovado ci dicono che il prossimo treno disponibile è alle 19.00. Decidiamo allora di riempire la giornata andando sul Pan De Azucar.

Anche qui la coda non scherza, ma dopo circa un paio d'ore riusciamo a salire. La vista è mozzafiato e la compagnia, che non conoscevo affatto, risulta essere perfetta. 

Il pane di zucchero è composto da due montagne che sovrastano Rio, nella prima la vista è limpida e meravigliosa, ma quando saliamo sulla seconda ci attende un'enorme nube che ci avvolge, ci rinfresca e ci impedisce di vedere a più di un metro da noi. Incontriamo però alcuni animali strani, come una sorta di miniscimmia incrociata con un orsetto lavatore, un piccolo mostriciattolo che non assomiglia a nulla di ciò che ho visto in vita mia. 

Usciamo dalle nubi e torniamo sul Corcovado che inizia a piovere; decidiamo allora di rimandare al giorno successivo e torniamo in ostello.

29 dicembre - the girl from Ipanema

Camminiamo per circa quaranta minuti fino a raggiungere Ipanema. 
La spiaggia è murata di gente e trovare un posto dove sedersi è quasi un'impresa. Il caldo è assurdo e il mare è tanto mosso quanto rinfrescante. Passeggiamo per Ipanema fino a raggiungere Copacabana e resto stupito da come le ragazze brasiliane indossino costumi super minuti sia che pesino trecento chili, sia che siano di una bellezza indicibile.

Le serata, dopo una competizione di risotti tra me e Pietro, giochiamo a qualche drinking game e andiamo a fare serata a Lapa, quartiere affollatissimo e ricco di locali dove incontriamo un gruppo di cilene vagamente pazze.

28 dicembre - Rio!


Arrivo a Rio e mi incontro con Pietro - un ragazzo conosciuto a Bologna quasi per caso - e due sue amiche canadesi, entrambe di nome Andreanne, passiamo la prima serata in ostello con alcuni ragazzi brasiliani.

27 dicembre - ilha grande


Saluto Vi e vado a fare una giornata a Ilha Grande, un'isola tra Paraty e Rio. Causa alcuni ritardi sui trasporti passo sull'isola solo poche ore, abbastanza per ammirare la meraviglia rovinata dalla spazzatura raccolta in un angolo incantevole dell'isola.

26 dicembre - Paraty

Partiamo per un'escursione in barca che ci porta a visitare quattro diverse spiagge. Ho delle fotografie mentali meravigliose di Paraty fantastiche, una panchina in mezzo a un'isola, circondata dal nulla se non da palme, delle case enormi in isole piccolissime, che valgono milioni e milioni di euro, il blu di pesci che nuotano in un mare altrettanto blu, gente che cammina sull'acqua, una barca con un invito a "vivere felici" abbandonata su una spiaggia deserta e molto mal ridotta. 
I ciottoli delle strade sono una minaccia a tutte le caviglie, specialmente quelle degli anziani e la musica brasiliana, tra samba e fo all, non smette mai di far da colonna sonora al mondo.

Per tutta la gita siamo accompagnati da due ragazze bravissime che cantano e suonano.
Ritorniamo sulla terra ferma e andiamo a cenare in uno dei ristoranti più famosi del posto. Il cibo e il servizio sono meravigliosi, considerando che non mi coccolavo con una cena decente da mesi...

25 dicembre - una strada un inferno

Partiamo per una località chiamata Paraty.

Le ore di viaggio previste sono quattro. Guidiamo e guidiamo fin che arriviamo a una strada assurda. Sterrata, piena di buche, con la macchina che tocca sotto, dove non si riesce a fare più dei 5-10 Km/h. Le ore di viaggio diventano sei, le jeep ci sorpassano chiedendoci se siamo matti a far sta strada con una focus e le maledizioni per google map si sprecano.

Arrivati a Paraty la vista è meravigliosa. La città è una gruppo di piccole case bianche con finestre e porte bordate di colori vivaci, il mare calmo e tranquillo rispecchia i ciottoli delle strade e la purezza apparente delle chiese di un bianco immacolato.

24 dicembre - ah boh...

Vatti a ricordare che ho fatto, ma sono abbastanza sicuro fosse quasi natale... anche se c'erano 33 gradi.

23 dicembre - tu sai?

Non ho memoria di cosa abbiamo fatto durante il giorno, ma la sera siamo usciti con due amici di Viviana, Adriana e Luiz.
Dopo una gran cena,  eravamo in un locale e Vi era talmente ubriaca che è andata da Adriana (sua migliore amica) e le ha chiesto "vieni spesso qui che non ti ho mai vista?" ahahah

22 dicembre - gli zombi


Girando per Sao Paulo si incontrano diversi "zombi", barboni che vivono sotto i ponti o nelle piazze che, strafatti di crack o colla, camminano trascinandosi come se fossero zombi. Qualche anno fa un ragazzo ha sparato e ucciso diversi barboni e - quando fermato dalla polizia - si è giustificato dicendo che credeva di essere in uno di quei videogiochi dove uccidi gli zombi.

20 - 21 dicembre - Sao Paulo du Brauzzzzil


Volo a Sao Paulo e mi ri-incontro con Viviane, ragazza conosciuta in Laos.

Giriamo per le strade di Sao Paulo, città grande, maestosa, con alcune zone carine, ma mai nulla di impressionante.
Vi è una differenza enorme tra la povertà sudamericana e quella asiatica. In Asia i poveri ti abbracciano, ti salutano, ti sorridono e mai ti sentiresti in pericolo di avvicinarli, parlare con loro e le loro semplici vite; in Sudamerica la povertà fa paura, ti guarda con occhi minacciosi e mai immagineresti di salutare, battere un cinque o stringere una mano.

Serata in un locale molto carino dove un gruppo di amici di Vi suonavano cover dei Beatels. 

19 dicembre - Recoleta


Con un tour organizzato dall'ostello parto per Recoleta, quartiere carino, stile francese, dove vivono i porteni benestanti.

Highlight del tour è il cimitero. Un cimitero privato, dove sono sepolti politici, ex presidenti, artisti, premi nobel. Tutte le tombe sono costruite in modo diverso, in stili differenti e costano una fortuna. Vi è una lista di attesa per ottenere uno spazio ed essere sepolto tra i famosi... bah...

La tomba più visitata dagli argentini comuni e l'unica che rechi dei fiori è quella di Eva Peron, personaggio quasi mitico in argentina. Il suo corpo ha vissuto esperienze assurde, è stato sepolto, rubato, fatto girare per il paese e, si dice, anche stuprato, prima di terminare nel cimitero più prestigioso, circondato dalle stesse persone che lei odiava.

Ci sono moltissime storie sulle persone sepolte qui, le due migliori riguardano una ragazzina e una coppia di sposi.
La ragazzina è stata sepolta anni fa, tutti pensavano fosse morta, invece era solo in coma. Svegliatasi nella tomba ha iniziato a urlare e a provare a uscire, ma, ovviamente, tutti anno gridato ai fantasmi. Quando hanno aperto il loculo hanno trovato le pezzi di unghie contro il marmo. Dopo questo avvenimento, hanno deciso di costruire una statua di lei che sembra uscire per sempre dalla tomba.
La storia sulla coppia è ancora migliore. Il marito, in fin di vita, ordinò che venisse costruita una sua statua e diede tutti i dettagli: devo essere seduto, con un bicchiere in mano, guardare questo punto cardinale ecc ecc. Qualche anno la sua morte morì anche la moglie che diede una e una sola disposizione sulla sua statua: fate quello che volete, ma mettetemi in modo che non possa più vederlo per il resto della mia vita. E così è, la statua di lui curata, seduta e nobile, di lei c'è solo un piccolo busto in marmo che dà le spalle al marito.

Serata tranquilla con due tedeschi simpaticissimi.

18 dicembre - la boca


Mi aggrego a un gruppetto di persone del mio ostello e partiamo ad esplorare la città.

Il primo quartiere che visitiamo è la Boca. Partiamo dalla Bombonera, lo stadio del "club mas grande"; lo stadio è sorprendentemente piccolo e il pensiero è stato solo uno "devo venire a vedere una partita".

Proseguiamo per la boca, quartiere coloratissimo e, in alcune zone, decisamente pericoloso. Qui è stato inventato il tango, qui tutti ballano il tango. Le case sono tutte coloratissime: adesso questo colore da vivacità ed è simbolo di bellezza, un tempo era il simbolo della povertà, la gente del posto prendeva le vernici avanzate dalle navi (la Boca è vicinissima al primo porto di Buenos Aires) e colorava con quello che aveva le proprie case.



Serata passata con alcune svedesi e un canadese che, mentre stavamo per comprare i biglietti per una discoteca ha proposto "ma perchè non andiamo a scalare una statua?" e tutti, ovviamente, ci siamo trovati molto d'accordo con questa idea e abbiamo passato la notte a baciare un piccolo gesù su un presepe in strada e ad arrampicarci sulla statua di un generale argentino del passato.

venerdì 18 gennaio 2013

17 dicembre - Buenos Aires


Arrivo a Buenos Aires e esco con un gruppo di locals conosciuti su couchsurfing.

Buenos Aires sembra Bologna a giugno, l'aria che anticipa l'estate, il fresco che tra poco si svestirà e diventerà torrida umidità, le case alte in stile francese.

Attraverso avenida 9 de julio, la strada più larga del mondo, per diverse volte, girando la testa ad ammirare questo mondo nuovo in cui sto pensando di fermarmi un paio di mesi a lavorare.

Blocco e rubata

Dopo un blocco quasi mensile, in cui mi annotavo solo pochi spunti di quello che stavo facendo, avevo ricominciato a scrivere.

Come sempre, sul mio telefono, nelle note, a tempo perso, prendendo ispirazione o spunto da qualsiasi cosa.

Ora che il telefono è stato rubato proverò ad andare a memoria per scrivere in breve l'ultimo mese...