sabato 21 luglio 2012

18 luglio - male ai piedi

Ci svegliamo che Moana è già uscita e ha lasciato un biglietto incomprensibile. Giornata passata in Yogyakarta, giornata girando per le stradine, visitando la città più culturale di Java, camminando come dei pazzi, eppure quello che mi resterà di più sarà un 5 contro 5 a piedi nudi in centro, in un piccolo spiazzo tra cemento, sabbia e pietre che ti entrano nei piedi. Io e Wilson (il nome in olandese è troppo difficile e, data la somiglianza con Tom Hanks, ho deciso di chiamarlo Wilson) con tre giovani indonesiani contro 5 giovani indonesiani. Il campo inizia con del cemento piatto davanti a una moschea, cemento che doveva essere un campo da pallavolo o qualcosa di simile, a metà ci sono, inspiegabilmente, due pali, uno di ferro, che sostiene un piccolo impianto elettrico e uno di legno; da quel punto in avanti è tutto polvere, pietre, pezzi plastica, un po' di spazzatura ai lati. Le porte sono dei drittissimi pali di bambù. Sulla carta eravamo più forti, ma io già son lento di mio, su quel terreno andavo decisamente piano, non so come sia finita e non mi interessa, è stato meraviglioso. Il calcio è stata una lingua più forte delle diversità socio-culturali, di età, razza, timidezza ecc.

La serata è iniziata mangiando per strada come al solito, un euro per un piatto enorme di robe buonissime, dove solitamente siamo gli unici bianchi; proseguito bevendo birra... Tutto normale, se non fosse che non avevamo realizzato di essere esattamente davanti a una moschea... Ci hanno gentilmente chiesto di andarcene...

Proseguiamo bevendo nella veranda del nostro hotel, parlando un po' di tutto e godendo del blackout che inonda Yogyakarta per ore, cantando canzoni tristi a lume di candela e finendo un po' più ubriachi di quanto avremmo pensato...

La candela sta per estinguersi, le bottiglie vuote sono tante, il pacco ormai famoso di noccioline aperto e mezzo pieno, alcuni topi si inseguono poco distanti. La chitarra suona, si interrompe, risuona. Pezzi di vita, un altro sorso. Voci sotto di noi, indistinte e da diverse parti del mondo, ogni tanto un nitido "rooms?".

Una zip, che vuol dire silenzio e riflessione e a letto. Resto solo, la candela si agita, resiste e poi muore, rappresenta la nostra vita e la nostra fine, forse di oggi, forse di sempre. Questa candela è nata e morta qui, in una terrazza a pochi metri da dove è stata fatta, dando luce a nuove parole, a conoscenze, a qualche birra e a note tristi e perfette; candele hanno avuto morti peggiori. Il blackout è passato, la città riprende vita, un lontano e leggero odore di fogna mi sorprende, una doccia fredda lava il viaggio di un giapponese appena arrivato.
Con tutti i verdi che la notte mi lascia chiudo gli occhi e mi abbandono a dolci fragili rumori di un buio come tanti.

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